Scimmie by Giorgio Manzi & Julia Rizzo

Scimmie by Giorgio Manzi & Julia Rizzo

autore:Giorgio, Manzi & Julia, Rizzo [Giorgio, Manzi & Julia, Rizzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Antropologia culturale, Farsi un'idea
ISBN: 9788815304230
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2011-10-14T22:00:00+00:00


Tarsi, persi a un bivio

Quella delle Omomyidae è un’altra famiglia di paleo-Primati (estinti) dell’Eocene. A differenza delle Adapidae, di cui abbiamo appena detto e che sono da annoverare tra le Strepsirrine, le Omomyidae sono (o, per meglio dire, furono) delle Aplorrine. Da queste denominazioni tassonomiche – un po’ faticose, invero, ma che ormai conosciamo bene, avendole ripetute... fino alla nausea – si evince che i ricercatori o, almeno, molti di loro sono orientati a ritenere che le Adapidae siano ancestrali alle attuali Strepsirrine, mentre le Omomyidae sarebbero all’origine sia dei tarsi, cosa probabile, sia di tutte le scimmie in modo più ipotetico. Vediamo meglio.

I fossili appartenenti alle Omomyidae (Omomyoidea, per chi le considera una superfamiglia) arrivano a includere quasi una cinquantina di generi, contro i 30 o poco più delle Adapidae. Sono stati ritrovati in Nord America e in Eurasia. Dunque, anche questa storia è ambientata nell’antico continente di Laurasia e, al momento, non sono stati trovati fossili di Omomyidae né in Africa né in Sud America. Sempre rispetto alle Adapidae, le Omomyidae avevano in genere un muso più corto, con arcate dentarie ridotte e orbite più grandi, orientate frontalmente. Spesso erano animali assai piccoli (potevano pesare anche meno di mezzo chilo) per quanto col passare del tempo geologico si trovino forme grandi anche il doppio (un chilo di peso), che tuttavia non è molto. Caratteristiche degli arti posteriori – come la fusione tra tibia e fibula o l’allungamento di ossa del tarso – fanno pensare che si trattasse perlopiù di animali arboricoli che saltavano da un tronco (o ramo) all’altro. I denti suggeriscono diete insettivore e/o a base di frutta.

Qualcuno dice che se resti di tarsi attuali – cioè dei rappresentanti di una delle 8 specie viventi del genere Tarsius – venissero messi in una serie di fossili eocenici di Omomyidae nessuno se ne accorgerebbe. I tarsi possono in effetti essere confusi con le Omomyidae e viceversa, tanto che pochi hanno dubbi sul fatto che le seconde siano state antenate dei primi. Più discutibile e discusso (come già dicevamo), invece, è il ruolo delle Omomyidae come antenate anche delle altre Aplorrine, ovvero delle scimmie. Si tratta di appurare la loro vera natura e questo non è proprio facile, avendo a disposizione solo ossa e denti, per di più così frammentari. Su questo punto, francamente ci si arrampica un po’ sugli specchi, come solo i paleontologi sanno fare. Se dovessimo stilare una lista delle affinità, più o meno strette, tra le Omomyidae eoceniche e le scimmie attuali, questa lista sarebbe breve, incerta e in parte contraddittoria. In ogni caso, sarebbe estremamente tecnica e possiamo risparmiarcela.

In tempi recenti (2009), è stato scoperto Darwinius masillae: uno spettacolare scheletro fossile, così denominato in onore di Darwin e del celebre deposito eocenico di Messel, in Germania. Si tratta di una Adapidae – non di una Omomyidae, si badi bene – considerata come possibile forma di transizione tra le linee evolutive delle Strepsirrine e delle Aplorrine e, pertanto, candidata a essere il miglior antenato disponibile per le attuali scimmie del Nuovo e del Vecchio Mondo, invece delle Omomyidae.



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